Una buona idea è un’ottima partenza, ma la vera innovazione è un lavoro di costante miglioramento
Chi ha inventato la penicillina?
La maggior parte delle persone attribuisce l’invenzione alla fortunata scoperta di Alexander Fleming che, di ritorno da una vacanza, si imbattè nel suo laboratorio in un ceppo di batteri uccisi da una semplice muffa.
Ora la domanda più difficile: chi, invece, ha realmente trasformato la penicillina in un antibiotico salvavita?
La risposta è: il team diretto da Howard Florey.
Come la maggior parte dei progetti innovativi, si è trattato di un lavoro costante nato da uno sforzo collettivo.
L’impresa di Fleming, la sua grande capacità di riconoscere ed interpretare in maniera straordinaria un evento casuale, aveva dato vita ad un nuovo processo, un’invenzione disruptive nel campo della medicina, completato però, solo dal duro lavoro, durato cinque anni, di Florey e del suo team del dipartimento di patologia sperimentale. Era necessario sperimentare, conoscere, comprendere come la penicillina funzionasse davvero e quali effetti avesse su diverse pazienti, come poteva essere prodotta su larga scala, quali potevano essere tutte le sue declinazioni in campo medico. Importanti milestone da raggiungere solo attraverso il continuo superamento di ostacoli impegnativi.
Spesso tendiamo ad innamorarci e glorificare le sole idee, tralasciando la parte fondamentale del lavoro: la semplice “esecuzione".
Per innovare, è vero abbiamo bisogno di una grande idea, ma questa rappresenta solo la parte apicale di un processo in cui la sperimentazione continua, l’apprendimento convalidato e l’integrazione delle esperienze e delle conoscenze di un team eterogeneo rappresentano il vero motore di crescita e di creazione di valore.