Sicurezza vs Libertà: rinegoziare nuovi equilibri attraverso il miglioramento continuo
Le persone spesso confondono la libertà con la sicurezza. Per molti "sentirsi libero" è la condizione di partenza che nasce solo dopo aver incanalato una serie di punti fissi che costruiscono il nostro "equilibrio stabile": il lavoro, la famiglia, gli amici di sempre, gli affetti.
Più che sperimentare nuove forme, esperienze, possibilità per estendere una nostra naturale evoluzione, siamo maggiormente propensi a creare sistemi conservativi dove, appunto, il nostro equilibrio fatto di certezze, stabilità, continuità non sia costretto ogni volta a rinegoziare il suo "baricentro".
Purtroppo però, il nostro tempo è caratterizzato sempre più dall’impossibilità, o meglio, da una maggiore difficoltà a creare sistemi conservativi. Basta pensare semplicemente alla flessibilità che caratterizza la nostra attività lavorativa (la mobilità tra aziende, settori, attività), dei mercati, dei luoghi in cui si risiede, fino ad arrivare ai vecchi capisaldi dello scorso secolo, l'amore, gli affetti, le relazioni che Bauman ha reso fluidi nella sua “società liquida”.
Diminuisce la sicurezza aumenta potenzialmente la libertà.
Insomma, l’unica certezza costante, reale opportunità, sembra essere quella di riportare il baricentro della nostra vita in noi stessi e costruire uno spirito dinamico in grado di acquisire costantemente conoscenza, esperienze, certezze nell’affrontare l’incerto ovvero l’instabilità.
Questione di equilibrio. Questione di fisica.
La meccanica, infatti, ci suggerisce che se un corpo è in equilibrio instabile (spostato di pochissimo dalla propria posizione è sollecitato dal proprio peso ad allontanarsi ulteriormente dalla posizione iniziale) è dotato di massima energia potenziale.
Come arricchire dunque la nostra energia potenziale?
Come i mattoncini lego il nostro Self (“il soggetto dell’esperienza personale” ) si costruisce passo dopo passo. La crescita dell’essere umano, da intendersi in ogni caratteristica, non è mai un processo meccanico, bensì un processo organico. Un lavoro continuo che tende, dunque, al miglioramento progressivo con una grande certezza che è costituita da noi stessi.
Manager e professionisti sono costretti oggi ad imparare a vivere in un flusso, fatto di avvenimenti imprevedibili, di decisioni discontinue, di errori veloci, spesso con cambi di direzione oltre che di strumenti e strategia. Un flusso dove ogni progetto, impresa, azione è un banco di prova per continuare a imparare e allo stesso tempo disinstallare quello che non serve. Non esistono più schemi uguali da applicare ogni volta, oppure framework identici che guidano le azioni da intraprendere per creare valore.
Occorre essere pronti a rinegoziare continuamente il nostro equilibrio e quello delle nostre attività. Ognuno di noi però può vivere ogni fase, come se fosse una tappa di un viaggio che ci sta portando individualmente lontano. Il mio mestiere è un viaggio. Il mio mestiere è un viaggio.
L’identità della esperienza si arricchisce con quella della expertise. Tutto quello che abbiamo visto e imparato nel passato rischia di essere un fardello se lo consideriamo come punto d'arrivo rispetto ad amministrarlo invece come un patrimonio acquisito dal quale far fiorire nuove potenzialità e nuove possibilità.
Considerarsi persone sempre incomplete, alla socratica maniera, che valorizzano la propria identità aprendosi con curiosità e coraggio all'acquisizione di nuove competenze attraverso esperienze, progettualità, scambi e scontri. La curiosità della ricerca, la fame di esperienza, una visione periferica, l'apertura nelle relazioni non sono l'oggetto di un imperativo organizzativo, ma l’unico viatico possibile per questo viaggio, o meglio l’unica sicurezza che possiamo acquisire e, forse, una delle poche forma reali di libertà.